Non si è mai bevuto così poco in Italia

In Italia non si è mai bevuto così poco; se facciamo riferimento soltanto al vino siamo passati da un consumo pro capite di 125 litri in media negli anni settanta, ai circa 26 litri del 2024, con un trend in costante discesa. Detta così può suonare un po' preoccupante per produttori e gestori di locali, tuttavia a uno sguardo più attento, questi dati possono portare ad alcune riflessioni su come sia cambiato il consumo di alcol in Italia negli ultimi decenni, in maniera particolare del vino, e di come il mercato si stia adeguando a questi cambiamenti. A ben guardare, potrebbe addirittura trattarsi di un trend non del tutto negativo.

Gli anni ottanta da bere finiscono con lo scandalo del vino al metanolo

Ancora negli anni ottanta il consumo pro capite di vino si attestava intorno ai 68 litri pro capite, e chi ha vissuto quel periodo, anche da bambino, ricorda l'immancabile presenza del bottiglione di vino a pasto, a pranzo e a cena, e di come l'idea stessa di vino fosse molto diversa da quella che abbiamo oggi: un prodotto da consumare tutti i giorni, alla buona, e in grande quantità.
Per questo il mercato in quegli anni era improntato sui grandi numeri a discapito ovviamente della produzione di vini di qualità elevata. Quel mondo del vino era però destinato a finire nel 1986 con lo scandalo del vino al metanolo. Nei primi mesi di quell'anno infatti venne alla luce che in alcune aziende si metteva in pratica sistematicamente una sofisticazione a base di metanolo per alzare artificialmente la gradazione alcolica del vino. Il metanolo è un sottoprodotto naturale della fermentazione che se ingerito in elevate quantità diventa altamente tossico e può causare cecità, danni neurologici fino a portare alla morte. All'inizio degli anni 80 in seguito a una detassazione, l'utilizzo del metanolo divenne la via più conveniente e pratica per alterare il vino, dato che i costi erano inferiori a quelli necessari per modificarlo con lo zucchero, che fino a quel momento era il trucco più utilizzato per alzare la gradazione alcolica. Questa pratica era molto diffusa in anni in cui, come detto, si badava più alla quantità delle produzioni e quindi si tagliavano e sofisticavano vini di bassa qualità per alzarne il grado alcolico e trasformarli in vini da tavola; vini che poi finivano sugli scaffali dei supermercati a prezzi irrisori. Nella primavera del 1986 però questa pratica di sofisticazione sfuggì di mano con il risultato che nel giro di qualche settimana ci furono 23 morti e oltre 90 casi di intossicazione grave, con persone rimaste non vedenti o con danni neurologici permanenti.

Dagli anni novanta a oggi, il vino diventa un prodotto di qualità

Dai tempi del vino al Metanolo, il mondo della viticultura in Italia è cambiato drasticamente: come diretta conseguenza dello scandalo, ci fu un crollo della fiducia nei produttori e un blocco delle esportazioni; tutto questo portò l'industria vinicola italiana a una svolta verso maggiori controlli e a una produzione fondata sulla qualità. La legislazione da allora è diventata molto più severa e ha contribuito ad avviare il cammino di trasformazione che ha portato il vino italiano a diventare negli anni successivi un'eccellenza mondiale, puntando su certificazioni come DOC e DOCG per garantire la qualità del prodotto; ma soprattutto, quello che è cambiato dopo il 1986 è l'approccio e l'idea stessa che abbiamo del vino. Questa storia è molto ben raccontata nel podcast Metanolo.

Il consumo di vino a partire dagli anni novanta ha quindi subito varie trasformazioni, anche di impatto sociale, e oggi si tratta di un prodotto approcciato da consumatori più attenti, preparati e che lo vivono come un'esperienza di qualità, non più come alimento fine a se stesso e, nella maggior parte dei casi, non come occasione e pratica per ubriacarsi. È interessante notare come a fronte di un calo dei numeri si stia assistendo a un abbassamento dell'età media del consumatore di vino; se in passato il vino era più legato, nella visione comune, alle persone di una certa età, oggi non è raro trovare ventenni appassionati, una sorta di nerd del vino.

Un altro elemento da considerare è l’inasprimento delle leggi sulla guida in stato di ebbrezza. Negli ultimi decenni, i controlli sulle strade sono aumentati e le pene per chi supera il limite di alcol nel sangue sono diventate più severe, con multe salate, ritiro della patente e perfino conseguenze penali. Questo ha spinto molte persone a limitare il consumo di alcol quando si esce, per evitare di mettere a rischio la propria sicurezza e quella degli altri, oltre che per evitare problemi legali. Inoltre, l’uso di alternative come taxi e servizi di ride-sharing non è sempre economicamente sostenibile, portando quindi a una maggiore prudenza nel bere fuori casa.

Queste dinamiche, sommate a una maggiore consapevolezza sugli effetti dell’alcol sulla salute, hanno contribuito al calo del consumo di alcolici in Italia. Tuttavia, questo non significa necessariamente una perdita per il settore: il mercato sta semplicemente cambiando, adattandosi a un consumatore più selettivo, attento alla qualità e consapevole del proprio stile di vita.

I cambiamenti sociali ed economici che influenzano il calo del consumo di alcool.

Allargando il discorso al consumo generale di alcol in Italia, un altro fattore che ha contribuito alla sua diminuzione è di sicuro di aspetto economico. Se negli anni ottanta e novanta era normale uscire più volte a settimana con gli amici, o con il fidanzato, oggi il costo della vita rende sempre più difficile mantenere questa abitudine. Con ventimila lire si potevano bere tranquillamente tre o quattro birre, mentre oggi una serata fuori, tra cocktail, aperitivi, senza contare la cena, può facilmente superare i cento euro. Questo ha portato molte persone, soprattutto fra i più giovani, a limitare le uscite o a ridurre i consumi.

Ma non si tratta solo di un discorso economico: anche l'idea stessa di socialità è cambiata radicalmente e sta influendo sui consumi.
Se una volta ci si dava appuntamento per incontrarsi di persona, oggi, molto spesso, si preferisce rimanere a casa e comunicare tramite videochiamate, messaggi vocali e social network. Anche gli eventi che una volta erano occasioni per ritrovarsi, chiacchierare e bere qualcosa in compagnia, come le serate di gioco con gli amici o la visione di una partita, si sono trasformati in qualche cosa di diverso. Se prima non si vedeva l'ora di riunirsi in dieci o più a casa di qualcuno per giocare alla PlayStation o guardare la Champions League con una scorta di birre, ora si preferisce fare tutto questo da remoto, ognuno a casa propria connesso tramite cuffie e microfono. Un cambiamento radicale di abitudini e di approccio alla realtà (al passo con i tempi, si intende, lungi da noi dire che si stava meglio quando si stava peggio), che ha inevitabilmente ridotto le occasioni di consumo collettivo di alcol.

Il ruolo dei locali e l’importanza dell’esperienza

Di questo tema abbiamo discusso molto tra noi, coinvolgendo anche addetti ai lavori di altre realtà che negli ultimi tempi stanno facendo i conti con questo cambiamento; ci fa piacere quindi riportare l'opinione del nostro amico Filippo che più di altri si trova tutti i giorni dentro queste dinamiche e secondo cui la sopravvivenza e il successo del settore passano dalla capacità di conservare e valorizzare quello che potremmo azzardarci a definire come lo scopo sociale e identitario del bere.
Il consumo di alcol dovrebbe essere inserito all'interno del concetto e dell'identità di ogni locale, andando oltre la semplice offerta di una selezione di alcolici, per quanto ricercata e di qualità.
I locali dovrebbero offrire prima di tutto un'esperienza che vada oltre il consumo di un drink, coinvolgendo il cliente in un'atmosfera unica, esclusiva e non replicabile altrove.
In questo scenario, la figura del gestore diventa cruciale: saper proporre un'esperienza di valore con sensibilità e autenticità, in modo che possa essere colta dal maggior numero possibile di persone, è la sola via per trasformare il bere in un momento di condivisione e scoperta, invece di ridurlo a un gesto puramente abitudinario.

 

Il mondo degli alcolici, e del vino in particolare, sta cambiando, e con esso anche il modo in cui lo viviamo. Meno quantità, più qualità più consapevolezza.
Voi, cosa ne pensate? Raccontatecelo nei commenti o, meglio ancora, venite a discuterne con noi davanti a un calice...

 

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